
15 Lug LETTERA APERTA AL COCER INTERFORZE SULLA SPINOSA QUESTIONE DEGLI OPERATORI LOGISTICI DELLA SANITÀ
In questa estate 2020 che purtroppo vedrà ancora molte limitazioni a causa dell’emergenza sanitaria COVID 19, in un periodo di particolare impegno anche per la Sanità militare, tra le questioni spinose che indubbiamente continueranno a tenere banco c’è quella relativa all’Operatore Logistico della Sanità (OLS), figura di supporto all’assistenza sanitaria nell’ambito dell’Esercito individuata in sostituzione dell’Aiutante di Sanità.
E’ probabile che la Rappresentanza Militare, nel sostenere e nel promuovere fermamente l’istituzione di questa nuova figura ausiliaria sanitaria militare, abbia pensato di risolvere definitivamente il rischio per gli ormai ex Aiutanti di Sanità, nonché per il personale sanitario responsabile del loro impiego, di incorrere nell’esercizio abusivo di professione. Purtroppo non è così. Affrontare questioni così delicate senza tener conto dei diversi aspetti legati alla tutela della salute, all’esercizio delle professioni sanitarie e di supporto sanitario spesso può rivelarsi non solo controproducente ma addirittura deleterio.
Le soluzioni al problema sarebbero potute essere molteplici, senza dover ricorrere ai soliti provvedimenti all’italiana, e, certamente, avrebbe dovuto prevalere il buonsenso. In questo caso, invece, la toppa si è dimostrata peggiore del buco.
In pratica, gli ex Aiutanti di Sanità sono stati trasformati con un colpo di bacchetta magica in Operatori Logistici della Sanità (OLS) solo in virtù di una loro presunta expertise pregressa e non a seguito della frequenza di un percorso formativo dedicato.
Come se fosse la cosa più normale del mondo, si è istituita una nuova figura di supporto sanitario non riconosciuta dal Ministero della Salute, non formata attraverso uno dei corsi previsti dalla normativa nazionale per le figure di supporto sanitario (OSS, Autista Soccorritore), con attività e mansioni che configurerebbero l’esercizio abusivo della professione infermieristica anche per gli OSS, questo sì personale di supporto titolato e riconosciuto dallo stesso Ministero.
In pratica, si è passati dalla padella alla brace.
BASI NORMATIVE DELLO STATO ITALIANO CHE DECRETANO L’INSUSSISTENZA DELLA FIGURA DELL’OPERATORE LOGISTICO DI SANITÀ (OLS)
Le basi normative della legislazione italiana che dettano l’insussistenza dell’OLS risiedono in:
- Art. 5 della legge 43 del 2006, sostituito dall’articolo 6 della Legge n. 3 del 2018;
- Codice dell’Ordinamento Militare, art. 208 secondo comma del D. Lgs n. 66 del 2010.
Legge n. 3/2018, art. 6:
“(Individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie)
- L’individuazione di nuove professioni sanitarie … il cui esercizio deve essere riconosciuto in tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive dell’Unione europea ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovino rispondenza in professioni già riconosciute, ovvero su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento …
- L’istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla presente legge, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome …
- Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale, l’ambito di attività di ciascuna professione, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti …
- La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni sanitarie avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse”.
D. Lgs 66/2010 (Codice dell’Ordinamento Militare) art. 208 secondo comma:
“ (categorie di personale)…
- L’attività sanitaria è consentita al personale in possesso dei titoli per l’esercizio delle professioni sanitarie e alle figure di supporto sanitario, riconosciute dal Ministero della salute, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 213 per i soccorritori militari”.
Quindi una norma, quest’ultima, rivolta espressamente all’istituzione militare senza possibilità di reclamare qualsivoglia specificità del Comparto Difesa.
Tralasciando l’iter che ha portato prima il COIR del Comando Logistico e poi il COCER Interforze ad avanzare una propria proposta quali organi di rappresentanza che avrebbero dovuto salvaguardare il benessere del personale, lascia sconcertati come lo studio e la stesura della nuova figura dell’OLS sia stato demandato ad un gruppo di lavoro costituito da rappresentanti COBAR con incarico di ASA. In pratica, gli organi di rappresentanza hanno avuto il mandato di individuare una nuova figura delle professioni sanitarie sostituendosi alle istituzioni europee e statali, alle associazioni professionali e al Consiglio superiore di sanità e hanno dato l’incarico di fare uno studio allo stesso personale interessato. Ogni considerazione sulla procedura adottata viene lasciata all’interpretazione libera di ognuno.
ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE
Non essendo riconosciuto dalla legislazione italiana, l’OLS è candidato a sottostare all’eterna spada di Damocle dell’accusa di esercizio abusivo della professione.
L’art. 348 del c. p. sancisce che: “ chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000”.
Anche il datore di lavoro/comandante che impiega detto personale e l’infermiere o il medico che lo utilizza sono passibili di conseguenze penali: “si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato ovvero ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel medesimo reato”.
Per non parlare dell’aggravante che l’esercizio abusivo della professione comporta in caso di “omicidio colposo” (art. 589 c. p.) e di “lesioni personali colpose” (art. 590 c. p.), eventualità non da escludere se si considera il delicato lavoro di assistenza sanitaria richiesto e l’assenza di competenze per le mansioni svolte.
Nella situazione in cui un OLS cagioni un danno o la morte del paziente nella sua attività ospedaliera o di assistenza territoriale, l’infermiere o il medico che lo ha impiegato è chiamato a rispondere in sede penale e civile dei danni arrecati senza possibilità di beneficiare dell’assicurazione obbligatoria stipulata per la copertura per colpa grave in quanto l’OLS non rientra nella fattispecie delle professioni di supporto riconosciute dalla legislazione italiana.
LA RESPONSABILITÀ PENALE E’ PERSONALE
Anche se l’OLS fosse riconosciuto, l’infermiere o il medico non possono rispondere penalmente del suo operato; infatti, anche l’OSS risponde personalmente delle proprie attività (art. 27 Cost. e art. 2043 cc.), tant’è che il D.M. 739/94, non stabilisce che l’OSS sia affidato all’infermiere, tantomeno lo stabilisce l’Accordo Conferenza Stato Regioni 2001 che definisce il ruolo dell’OSS come la figura che concorre insieme alle altre nel soddisfacimento dei bisogni del paziente.
Secondo l’articolo 27 comma 1 della Costituzione, “la responsabilità penale è personale”, pertanto, anche se si è previsto che l’OLS possa svolgere le proprie attività solo sotto la responsabilità, la supervisione e su indicazione del responsabile dell’assistenza infermieristica o del personale medico presente, è al personale di supporto che verrebbe imputato l’esercizio abusivo della professione; mentre, il personale che lo impiega, verrebbe imputato di istigazione all’esercizio abusivo della professione.
UN MANSIONARIO PREVISTO PER L’OLS CON ATTIVITÀ PRECLUSE ANCHE ALL’OSS
Si è previsto che le attività che l’OLS possa svolgere siano di carattere logistico, igienico sanitario, di assistenza di base al paziente, ovverosia di accudimento semplice alla persona assistita, e di carattere cosiddetto alberghiero” (Circolare SME MSDN E25200 REG2019 22-1-19). In pratica, si dà mandato a tale figura di praticare attività come la somministrazione di farmaci e i clisteri evacuativi che, anche se erroneamente definite come “assistenza di base ed accudimento”, tanto “semplici” non sono. Infatti, esse presuppongono conoscenze e capacità professionali acquisibili solo attraverso una laurea in scienze infermieristiche, la relativa abilitazione e l’iscrizione all’albo professionale.
A titolo esemplificativo, per evitare di dilungarsi troppo sull’argomento, si prendono come esempio alcune attività che, seppur definite “semplici” da coloro i quali hanno stabilito l’inquadramento dell’OLS, solo l’infermiere o il medico possono effettuare:
- Rilevamento ed annotazione della temperatura, del polso e del respiro;
- Utilizzo di apparecchi medicali di uso non ospedaliero;
- Somministrazione, per via naturale, della terapia prescritta;
Da sottolineare che anche l’OSS non può svolgere queste “semplici mansioni”. L’Accordo della Conferenza Stato Regioni del 22 settembre 2001 in cui rientra anche il Ministero della Difesa in quanto Stato, che ha forza di legge, all. A e B non introduce siffatte mansioni nemmeno nella qualifica dell’OSS e si guarda bene dal rischio di invasione nella sfera di autonomia professionale dell’infermiere, così come è definita dal D. M. 739/1994.
La normativa in parola stabilisce in realtà che l’OSS: “in sostituzione e appoggio dei familiari e su indicazione del personale preposto è in grado di aiutare per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e per il corretto utilizzo di apparecchi medicali di semplice uso”
In poche parole, il compito dell’OSS è quello di aiutare, ovvero integrare l’assistenza dei familiari al proprio congiunto o allo stesso paziente in difficoltà, nell’uso di apparecchi in automedicazione. Mai la norma assegna all’OSS mansioni di rilevazione dei parametri vitali, di propria iniziativa, in rappresentanza dell’ente assistenziale. La rilevazione dei parametri vitali non può essere quindi effettuata autonomamente dall’OSS, tantomeno dall’OLS!
Inoltre, solo il medico e l’infermiere possono riportare nelle documentazioni del paziente i parametri vitali in quanto, la genuinità, la veridicità e la contestualità degli atti pubblici devono sempre rappresentare il “vero tempestivo” nella formazione di quanto realizzato o avvenuto in presenza del Pubblico Ufficiale (PU) o dell’Incaricato di Pubblico Servizio (IPS) come il medico o l’infermiere, tanto che questi criteri postulano la necessaria identità tra chi realizza un fatto o una condotta con chi la dichiara in qualità di PU o IPS su un atto pubblico, qual è la cartella clinica e i suoi annessi e connessi (diarie, schede, certificazioni, ecc.) – Cass. VI Pen., 10/02/2015 n. 6065; V Pen. 21/09/2006 21/09/2006 n. 35767; S. C., Sez. III Civ. 28/07/2011 n. 16543 -.
Per quanto riguarda la somministrazione della terapia per via naturale, come quella orale, non è possibile che l’OSS, né tantomeno l’OLS, lo facciano, neppure sotto visione dell’unità infermieristica o medica presente. L’OSS aiuta il paziente ad assumere i farmaci e non aiuta l’infermiere a somministrarli.
Si potrebbe continuare ad analizzare le numerose mansioni proposte dagli Organi di rappresentanza del personale militare e sottoscritte da SME, a cui l’OLS si dovrebbe rifare per lo svolgimento del proprio incarico, sia sotto il profilo tecnico (disinfezione ambienti, mobilizzazione e deambulazione del paziente, assolvimento al bisogno di relazione e psicologiche del paziente, ecc.) che sotto il profilo sanitario (prevenzione e medicazione lesioni da decubito, sorveglianza fleboclisi, riconoscimento sintomi di allarme, clisteri evacuativi, ecc.), e dimostrare come siano inappropriate anche per l’OSS, figurarsi per una figura senza la formazione e le competenze necessarie.
UNA SITUAZIONE SFUGGITA DI MANO ESTESA ANCHE A NON EX ASA
La situazione deve essere sfuggita di mano agli stessi Organi di rappresentanza nel momento in cui, lo Stato Maggior dell’Esercito, sentito il Comando Logistico, ha disposto che l’incarico di OLS possa venire assegnato alle categorie dei Graduati e dei Militari di Truppa, anche se inquadrati in altri incarichi iniziali, che siano in possesso di un titolo di studio delle professioni sanitarie in modo da evitare il corso di formazione specifico (sic!) – circolare SME M_D E24094 REG2020 0017237 02-03-2020 -.
Un provvedimento senza precedenti che prevede, contemporaneamente, il demansionamento per i laureati in medicina e chirurgia e in scienze infermieristiche che vengono inquadrati come OLS e l’esercizio abusivo della professione per la miriade di figure rientranti nella pletora delle professioni sanitarie come il farmacista, lo psicologo, il tecnico sanitario di radiologia medica, l’igienista dentale, il tecnico della prevenzione dell’ambiente, l’educatore professionale, ecc. Tutte professioni che nel loro percorso formativo, benché universitario, non è prevista una formazione indirizzata all’assistenza sanitaria del paziente e per i quali, una volta inquadrati come OLS, non è prevista alcuna formazione nelle mansioni previste se non un indottrinamento “sulle strutture e sulle procedure della Sanità militare”. In pratica, anche tali professioni sanitarie vengono d’emblee abilitati a svolgere mansioni tecniche e assistenziali in tutti gli ambiti dove la Sanità militare viene impiegata in Italia e all’estero. Assistenza rivolta, oltre che ai militari, anche ai civili negli ospedali militari e nelle attività che sottendono alla quarta missione della Sanità militare come avvenuto nell’emergenza coronavirus.
MA IL LEGISLATORE LO SA?
Ma il Governo ed il Parlamento sanno di questi provvedimenti presi a suon di circolari?
Nell’interrogazione a risposta immediata il sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo, rispondendo sulla reintroduzione degli ausiliari di sanità il 28 dicembre 2018, dichiarava in IV Commissione che “l’Amministrazione vuole valorizzare tali figure attraverso una formazione specifica che sia pienamente valida sul piano normativo, volta all’acquisizione di qualifiche che trovino corrispondenza nel paritetico settore civile, nonché delle necessarie e imprescindibili conoscenze nello specifico settore. In tal senso, è stato sviluppato un progetto che consentirà al personale militare già in possesso dell’incarico di Aiutante di Sanità, di partecipare ai corsi per l’acquisizione della qualifica di Operatore Socio Sanitario…
È stato avviato anche uno studio… di istituire la figura professionale di operatore logistico della sanità. Intesa quale supporto logistico e non come professione sanitaria …”
Quindi, secondo l’indirizzo del legislatore, solo gli ex ASA sarebbero dovuti confluire nel ruolo OLS; tale figura sarebbe dovuta essere solo di supporto logistico e non assistenziale; e tutti gli ex ASA sarebbero dovuti essere qualificare come OSS.
Se non si cambia il paradigma della questione “tutela della salute” nell’ambito del Comparto Difesa, il rischio è che possano accadere altre incresciose situazioni. Per assurdo, potrebbe accadere che i Soccorritori militari, che per legge possono prestare la loro attività sanitaria in situazioni di emergenza solo all’estero, d’emblee, magari con il colpo di bacchetta magica di una semplice circolare, vengano individuati come figura di supporto sanitario anche sul territorio nazionale. Potrebbe far comodo all’Amministrazione ma sicuramente non farebbe bene all’utente/paziente seppur militare.
In conclusione, cari rappresentanti dei vari COBAR, del COIR Comando Logistico, del COCER interforze, che vi siete attivamente adoperati per trovare la falsa soluzione al problema degli ex ASA, non c’è nulla da esultare e da rivendicare in quanto il provvedimento ha dimostrato sin da subito la sua rischiosa insussistenza e il tentativo di farvi riflettere è stato fatto da più parti.
CON LA SALUTE DEI CITTADINI NON SI SCHERZA, SIANO ESSI CON O SENZA LE STELLETTE
Volersi atteggiare a risolutori a qualsiasi costo di tutte le problematiche che interessano il personale, anche quelle che coinvolgono i beni primari e indifferibili come quello della salute dei cittadini, senza coinvolgere le istituzioni e le professioni come previsto dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato di diritto, determina conseguenze rischiose per il personale e dannose per gli utenti che si rivolgono ai servizi sanitari che l’Amministrazione Difesa mette a disposizione.
Se questa lettera aperta è riuscita nell’intento di far riflettere sulle reali esigenze di cui la Sanità militare ha bisogno per quel che riguarda le figure di supporto nell’assistenza sanitaria; se ha sortito l’effetto di aprire le menti per una migliore e diversa gestione della questione; se ha smosso il senso morale ed etico che dovrebbe essere sempre ben presente in qualsiasi rappresentante politico, sindacale o di rappresentanza militare; si fa ancora in tempo a correggere l’errore che è stato commesso.
Si può ancora intervenire per avviare al più presto la formazione degli ex ASA presso le provincie degli enti di appartenenza agevolando sia economicamente che logisticamente la loro partecipazione ai numerosi corsi per OSS che vengono organizzati da enti pubblici e privati. Negli E/D/C/R, in attesa dei corsi OSS, per poterli impiegare nei team di I e di II livello dell’emergenza extraospedaliera nelle esercitazioni o nelle operazioni, tale personale può essere qualificato come autista – soccorritore con i corsi organizzati a titolo gratuito dalle associazioni di volontariato distribuite capillarmente sul territorio nazionale in modo da avere personale formato e riconosciuto al fine di poter operare nelle reti di emergenza 118 regionali.
Negli ospedali militari, sempre in attesa di formare gli OSS necessari per l’organizzazione, può essere assunto personale con concorso pubblico, anche a tempo determinato come fatto per l’emergenza COVID – 19.
La Sanità militare è una specialità del variegato mondo della Sanità pubblica, riveste una specificità funzionale che non può permettersi carenze ordinistiche altrimenti si corre il rischio che, come accaduto con la faccenda ASA, vengano a mancare le garanzie basilari per un’assistenza sanitaria di qualità per il suo beneficiario finale: il paziente/utente con e senza le stellette.
IL RESPONSABILE PROSANFAP Dott. Antonio Gentile
No Comments