IMPIEGATI DA MESI NELL’EMERGENZA COVID, LONTANI DALLE PROPRIE FAMIGLIE E SENZA CERTEZZE. LA LETTERA DI UN SANITARIO DELL’ESERCITO

IMPIEGATI DA MESI NELL’EMERGENZA COVID, LONTANI DALLE PROPRIE FAMIGLIE E SENZA CERTEZZE. LA LETTERA DI UN SANITARIO DELL’ESERCITO

Di fronte ad una situazione estrema come quella causata dall’emergenza COVID-19 le Forze Armate hanno schierato il proprio personale sanitario e di supporto logistico in tutte le regioni d’Italia al fine di dare un fattivo aiuto al Servizio Sanitario Nazionale allo stremo.

Da ottobre 2020 è stata avviata l’Operazione IGEA, fortemente voluta dal Ministro della Difesa Guerini che ha portato personale medico ed infermieristico militare nei circa 200 Drive Through della Difesa (DTD) distribuiti su tutto il territorio nazionale, in particolar modo nelle regione con il più alto tasso di positivi giornalieri, come il Lazio, la Lombardia ed il Veneto.

I nostri sanitari militari non si sono tirati indietro. L’impegno, la costanza e la professionalità messi in campo hanno sortito la migliore soddisfazione rappresentata dall’apprezzamento della popolazione e dei colleghi civili.

Purtuttavia, numerose problematiche di carattere organizzativo e logistico stanno portando all’esasperazione tanti di questi professionisti che non vedono la fine del loro impiego. All’inizio dell’Operazione alla fine di ottobre 2020, centinaia di medici e infermieri militari sono stati impiegati nei DTD e molti di questi, con un tempo di preavviso di pochi giorni, hanno dovuto fare i bagagli per essere mandati anche a centinaia di chilometri di distanza dalle proprie case e dai propri affetti. Un disagio considerevole che, sommato al costo esorbitante se si considera che tutti questi uomini alloggiano e mangiano in albergo, ha fatto venire il dubbio, sin dall’inizio, sulla opportunità di mettere in campo un siffatto costoso dispositivo.

Uomini e donne con le stellette a cui, inizialmente, è stato richiesto il proprio contributo professionale per un tempo stabilito di 59 giorni, ma che in realtà, ancora oggi, a distanza di circa sei mesi dall’inizio dell’Operazione, permangono nei DTD assegnati senza che sia data loro la possibilità di intravedere un avvicendamento; potersi prendere un periodo di meritato riposo; tornare ai propri affetti.

La situazione è oltremodo di difficile sopportazione se si considera la più totale assenza di comunicazione: alle richieste di informazioni riguardo il problema di un impiego che si protrae sine die, i responsabili regionali competenti rispondono semplicemente che non ci sono informazioni utili circa il proprio termine attività o eventuale cambio di personale. La frustrazione per questi uomini è resa ancora più grave dal fatto che non possono dare una certezza di ricongiungimento alle proprie famiglie.

Oltre al danno la beffa se si considera che a distanza di più di un anno dall’inizio della emergenza, centinaia di sanitari militari non sono mai stati chiamati in causa per dare il loro contributo nell’affrontare la pandemia. Quindi ci si trova di fronte ad una situazione paradossale in cui molti militari sono mesi che stanno lontano dalle proprie famiglie mentre, allo stesso tempo, tanti altri hanno contribuito in maniera minore se non per niente.

Dal punto di vista delle indennità in termini economici c’è una grave disparità di trattamento all’interno dello stesso personale impiegato. Vige la totale discrezionalità da parte dei comandanti degli enti di appartenenza se pagare il cosiddetto compenso forfettario di impiego (CFI) oppure non corrisponderlo. Una differenza in termini economici non di poco conto.

Quindi la situazione che si è venuta a creare è quella di un ambito di operazione in cui ci sono Medici e Infermieri che fanno lo stesso lavoro, che svolgono gli stessi orari, che affrontano gli stessi disagi, che magari lavorano nello stesso Drive Through della Difesa, ma che vengono indennizzati con il CFI o che non vengono indennizzati a secondo delle scelte del comandante da cui dipendono.

Il futuro non promette nulla di buono. All’intervento dei sanitari militari nell’Operazione Igea, si è aggiunta la vaccinazione del personale militare (Operazione Minerva) e la vaccinazione della popolazione (operazione Eos); tutti ambiti distribuiti sul territorio nazionale in cui è richiesto personale medico ed infermieristico. Nel prossimo futuro, molti di quelli impiegati nei DTD verranno impiegati nelle nuove operazioni e continueranno ad essere impiegati lontano dalle proprie case e dai propri affetti. Inoltre, l’aumento dell’esigenza operativa comporterà anche che alcuni dei potenziali candidati a dare il cambio al personale impiegato sin da ottobre, saranno chiamati in causa per coprire le nuove operazioni lasciando ulteriormente al palo quel personale che da mesi spera in un possibile avvicendamento.

La sensazione che si ha anche con il nuovo Commissario all’emergenza covid Gen. Figliuolo è quello di voler fare come al solito le nozze con i fichi secchi. Pur di mostrare la presenza militare nell’affrontare la pandemia al fine di dare la parvenza di un intervento di forza, si spremono i pochi infermieri e medici militari disponibili (circa 1500) che rappresentano comunque un numero esiguo se si considera la loro distribuzione nelle 20 regioni e nelle province autonome. Con il risultato che, come nel gioco di prestigio delle tre carte, vengono utilizzate sempre le stesse figure, al massimo spostate da una parte all’altra, fino alla loro usura materiale.

Ma qui non si parla di gioco né tantomeno di divertimento. Nei contesti presi in considerazione, le attività sono garantite da uomini e da donne che, seppure con le stellette, hanno le medesime esigenze di qualsiasi lavoratore e di qualsiasi cittadino che in questo drammatico periodo che sta attraversando la Nazione si stanno adoperando per fronteggiare l’emergenza pandemica.

Il personale sanitario delle Forze Armate, pur disponibile all’impegno e al sacrificio per contribuire a combattere insieme ai colleghi civili il terribile virus, è un cittadino con una propria dignità umana; che vive l’esigenza di vedersi rispettare i basilari bisogni affettivi e di sicurezza che solo una corretta comunicazione, un auspicabile avvicendamento in tempi brevi e un medesimo trattamento economico possono dare.

L’auspicio è che questa lettera accorata giunga nelle sedi opportune per poter finalmente smuovere gli animi di coloro che sono deputati all’organizzazione delle attività e permettere a questi professionisti della salute di avere certezze per il futuro, di poter ritornare al contesto sociale di appartenenza e di poter finalmente riabbracciare i propri cari.

 

 

LETTERA FIRMATA

SANITARIO DELL’ESERCITO ITALIANO

No Comments

Post A Comment